Cuneo, Italy
Il dramma degli incidenti stradali colpisce migliaia di giovani e ferisce nel profondo altrettante famiglie. Sembra appartenere alla quotidianità, ma in realtà è il sintomo di una conflittualità che mette di fronte l’uomo e la civiltà. È difficile combattere il dramma delle morti della strada, vissuto purtroppo dai più come un rischio da correre.
Gli incidenti del weekend il giorno dopo si trasformano in un mazzo di fiori lungo la strada.
Il segno del dolore, della rabbia, del pianto e della disperazione di chi è rimasto e che cerca di lasciare un segnale terreno capace di mantenere un legame tangibile con chi se n’è andato.
La «pietas» degli uomini che sopravvive: dove la strada lo concede, dove esistono piazzole ove poter sostare in preghiera, dove la memoria pensa a lanciare un segnale al domani. L’Italia è a grande mortalità stradale. Alcune città lo sono di più, così come alcune province possiedono i record negativi. La provincia di Cuneo è una di queste. Non v’è strada che non conti i propri morti e che, nel corso di decenni, non metta insieme struggenti e lunghissimi elenchi a tre cifre.
Il problema è sentito. Sul ciglio della carreggiata il ricordo di chi è rimasto è diversificato.
I fiori freschi collocati nell’immediato, i mazzi in plastica destinati per l’anno, cespugli e pianticelle messi a dimora stabilmente, lapidi con fotografie, piccoli mausolei in pietra o marmo. Non mancano gli oggetti cari ai defunti.
Negli anniversari, il richiamo viene rinnovato. Finché c’è un amico od un parente, lungo la strada, sul palo di un segnale, legato ad una rete o al guard-rail, o anche semplicemente in terra, torna il mazzo di fiori.
Ho cercato di raccontare questa tragedia umana. Ho percorso le strade della provincia di Cuneo e documentato una parte del dramma. Che non ha data e che nasce con l’arrivo delle prime quattro ruote. Le date sulle lapidi testimoniano incidenti di oggi e morti di cinquant’anni or sono. Talvolta, con il trasferimento della strada, il ricordo di una vita spezzata finisce in mezzo ad un campo e sopravvive -magari senza più parenti- grazie alla sensibilità dell’agricoltore che nell’arare il terreno sceglie di evitare il triste testimone.